Nazireo, romanzo di Giovanni Mannino

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draw_pen_256-21recensione a cura di: Nadia Bertolani

“Dove ha letto questa storia?” “L’ho vista con i miei occhi, ma non ho mai avuto il coraggio di raccontarla”.

Queste sono le battute che si scambiano due personaggi verso la fine del racconto; mi sembra appropriato iniziare con le loro parole la recensione a “Nazireo”, e mi piace pensare che il suo autore, Giovanni Mannino, le pronunci in un dialogo ideale con i lettori che si avvicinano al suo romanzo. “Nazireo”, infatti, non è una storia comune, va vista con occhi ben aperti prima che pensata, esige coraggio da parte del narratore e dedizione da parte del lettore. Se il racconto di Yosef de La Ville, in missione diplomatica a Il Cairo, e di sua moglie Helen Van Godt, archeologa, offre un plot avventuroso tra piramidi e misteri dell’antico Egitto con tanto di mummie e serpenti, oppure si colora di giallo concentrando le attese del lettore in un misterioso e antichissimo orecchino, o ancora sconfina nella Storia e chiama in causa Mussolini, i Templari, San Francesco, in realtà sarebbe riduttivo ingabbiarlo in un genere letterario dai contorni esatti. Il lettore lo capisce fin dalle prime pagine: i dialoghi di Helen e Yosef sono misteriosi, criptici, estremamente allusivi anche quando sembrano riferirsi solo alla quotidianità; non è un caso che Mannino definisca “veicoli onirici” i suoi personaggi, non è un caso che ogni nuovo attore che via via compare e scompare dalla scena abbia un’aura di irrealtà o faccia trapelare che l’apparenza inganna. Gayel, Selen, Zuhayr, e un nano, e un samurai, realtà in carne e ossa, hanno forse meno consistenza della dea Inanna, degli antichi Faraoni, delle figure bibliche che segnano un tracciato segreto tutto da scoprire e da godere fino all’ultimo respiro. Giovanni Mannino definisce “Nazireo” “un testo per apprendisti ai misteri celesti” e pone così l’accento su uno degli aspetti più importanti del suo romanzo: quello esoterico. Il titolo stesso, “Nazireo”, rimanda ai Nazir Tahor, i Luminosi, e allude ad antichi insegnamenti perduti. Il ricco e complesso corredo di riferimenti alla Cabala, alla Bibbia, al Corano, agli antichi testi gnostici e alle mitologie, da quella sumera a quella greca, coinvolge il lettore, lo sprona, lo attira in un viaggio misterioso, anzi in un duplice viaggio misterioso: se da una parte seguiamo affascinati Yosef ed Helen in navigazione sul Nilo, in piazza al Tahir, nelle necropoli, nelle piramidi di Giza, nel santuario di Matarieh, dall’altra comprendiamo con sempre maggiore consapevolezza che il vero viaggio è un altro e ha a che fare con gli archetipi junghiani, con gli Esseni, con i Nefilim. Ma di cosa si parla veramente in “Nazireo”? “L’uomo non è uno… In lui convivono molte vite misteriose”, ma come fare luce sul suo mondo interiore? Mannino lo dice esplicitamente: il tema fondante del suo poliedrico romanzo è il mistero del Male che sopravvive a tutti i tentativi di annientarlo, che è presenza costante nella vita dell’uomo, mostro che rialza la testa e sembra invincibile, condanna che proviene dall’interno più profondo della mente e dell’anima. E non è solo tema religioso e filosofico: è tema esistenziale, il tema esistenziale dell’uomo che qui riscopriamo consapevolmente autentico. È detto tutto: di cos’altro dovrebbe parlare la letteratura? Lascio a lettori più preparati di me un completamento delle cose dette qui. Da parte mia, appassionata come sono agli aspetti del linguaggio e dello stile, un’ultima osservazione formale: leggere “Il silenzio era una nota di campana annegata nell’oro” è una conferma di quanto l’Autore abbia lavorato non solo sui contenuti (sette anni di ricerche e di approfondimenti) ma anche sul modo migliore di comunicarli. Buona lettura a tutti.

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    • genere: romanzo
  • ISBN: 978-1-326-47940-4
  • magazzino: COPIE IN ESAURIMENTO
  • copertina: morbida con alette
  • allestimento: brossura
  • prezzo: EUR 12,00
  • pagine: 488
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